• La Sindrome da Burnout

    woman putting her head down on the desk

    Durante le mie giornate in azienda accade spesso di affrontare il tema del Burnout

    Un tema caldo di cui poco si parla.

    Ecco che le ore di formazione diventano un tempo di prevenzione e cura, uno spazio di ricarica cognitiva ed emotiva, fondamentali per il benessere collettivo.

    Hai mai sentito parlare di Burnout?

    È una parola inglese che potremmo tradurre con esaurimento surriscaldamento. Si tratta di una forte condizione di stress, vissuta nell’ambito lavorativo che causa un crollo (l’esaurimento, appunto) fisico e mentale.

     Il burnout può colpire indifferentemente un lavoratore dipendente o un libero professionista poiché, come vedremo, oltre ad essere condizionato dall’ambiente in cui si lavora, trova riscontro anche nelle caratteristiche personali della persona. 

    Ma andiamo con ordine! 

    Quali sono i sintomi del Burnout?

    I sintomi del Burnout possono investire diverse aree:

    • Area Cognitiva con difficoltà nell’attenzione e nella concentrazione, nella memorizzazione e apprendimento. La persona percepisce la sensazione di non avere le energie mentali per pensare, concentrarsi… appunto lavorare!

    • Area Fisica con sintomi quali emicrania, senso di affaticamento e debolezza cronici, disturbi intestinali, disturbi del sonno. Si avverte la mancanza di forze ed energie per svolgere anche le attività più semplici.

    • Area Emotiva con sintomi ansioso-depressivi, livelli bassi di motivazione, facile irritabilità, senso di colpa, un senso di apatia generale.

    • Area Comportamentale con atteggiamenti che oscillano tra una facile irritabilità e scivolamenti verso l’aggressività, a volte accompagnati dall’utilizzo o abuso di sostanze come alcool.  

    • Area Sociale con comportamenti che generano tensioni e conflitti all’interno delle relazioni, alimentano disinteresse e scarso coinvolgimento emotivo.

    Perché arriva il Burnout?

    E’ difficile definire una causa universalmente valida ma in generale possiamo dire che la causa scatenante è quella di aver esagerato e tirato troppo la corda.   

    Quando si tira troppo la corda, il nostro corpo (che ci vuole un gran bene!) ci invia alcuni segnali con lo scopo di farci capire che stiamo esagerando.   La persona a cui è richiesto un carico eccessivo e ignora il bisogno di fermarsi e riposare prima o poi esaurisce le proprie energie fisiche e mentali.  

    Per identificare le cause del Burnout, entrano in gioco caratteristiche sia personali che legate al contesto lavorativo a cui la persona appartiene.  

    Tra gli elementi lavorativi che aumentano il rischio di Burnout troviamo:

    • Ambienti che sovraccaricano di lavoro il dipendente e non aiutano (o addirittura ostacolano) i momenti di stacco e riposo. Sono quegli ambienti che prosciugano letteralmente ogni energia attraverso richieste e attività continue da portare a termine in poco tempo.  
    • Mancata definizione dei ruoli (assenza di chiarezza su cosa si deve esattamente fare, di cosa ci si deve occupare;)  
    • Ambienti in cui l’aspetto umano è poco riconosciuto (retribuzione inadeguata o scarso riconoscimento, orari e turni che non tengono conto delle necessità personali dei dipendenti;)  
    • Ambiguità sulla divisione dei poteri (la persona è ostacolata nel prendere decisioni, ha scarsa libertà di iniziativa, le decisioni vengono prese per lui o c’è qualcuno che continuamente si sostituisce a lui)

    Le caratteristiche individuali che possono aumentare il rischio di Burnout invece sono:  

    • Difficoltà a porsi dei confini, limiti (esempi: difficoltà a dire di no, tendenza ad accogliere ogni richiesta a costo di saltare la pausa pranzo!)  
    • Tendenza a vivere il lavoro come una realtà assoluta e totalitaria della vita (spesso diventa una via di fuga dalla realtà.)
    • Scarsa tolleranza all’errore e al fallimento (la spinta al perfezionismo non permette di sottrarsi alle richieste continue, né rende capaci di delegare e chiedere aiuto).   
    • Predisposizione a porsi obiettivi poco realistici, tendenza ad alzare sempre l’asticella della perfezione, dandosi obiettivi sempre più ambiziosi e difficili da essere raggiunti.  
    • Difficoltà ad ascoltare il proprio corpo, ad entrare in contatto con bisogni ed emozioni che ci suggeriscono il livello di stress e tensione che stiamo accumulando.

    Come fare per prevenire il Burnout?

    Evitare di accumulare stress nell’ambito lavorativo dovrebbe essere sempre una priorità. 

    Sappiamo infatti che lo stress accumulato nel lavoro si riversa inevitabilmente a cascata nelle altre aree della nostra vita. 

    L’attenzione su alcuni comportamenti positivi può aiutare a farci strada in questa direzione. 

    Alcuni consigli che suggerisco:

      ✔ fai pause di qualità durante la giornata di lavoro; 

      ✔ definisci il limite tra lavoro e vita privata;

      riorganizza il lavoro  per renderlo più motivante e sostenibile;

      ✔ organizza i tuoi spazi in modo armonico e personale (sappiamo dalla psicologia ambientale quanto sia importante aver cura dell’ambiente dove viviamo… che cura hai della tua scrivania? 😁)

       ✔ pratica attività sportiva per favorire il rilascio del cortisolo in eccesso accumulato durante la giornata;

      ✔ prenditi cura dei tuoi bisogni attraverso attività extra lavorative che possono aiutarti a ricaricare le batterie.

    La lista potrebbe continuare ancora… ma a questo punto potresti provare ad aggiungere tu stesso qualcosa. 😉

    Cosa fai per gestire e prevenire lo stress durante le tue giornate di lavoro? 

    depth of field photo of man sitting on chair while holding cup in front of table
  • L’aragosta e la paura di cambiare

    L’aragosta e la paura di cambiare è una storia che esalta il valore del cambiamento e del coraggio.

    Ogni cambiamento può essere raggiunto solo attraverso il coraggio personale che ciascun essere umano è chiamato a mettere in campo in particolari momenti della vita. L’aragosta ci insegna che non può esserci coraggio senza paura.

    La storia, tratta dal libro Seminari clinici di Michele Novellino, racconta:

    Tanto tempo fa, quando il mondo era stato creato da poco, una certa aragosta decise che il Creatore aveva fatto un errore. 

    Così fissò un appuntamento per discutere con Lui la questione.

    “Con tutto il dovuto rispetto” disse l’aragosta “vorrei protestare per il modo in cui hai disegnato il mio guscio. Vedi, non appena mi abituo al mio rivestimento esterno, ecco che devo abbandonarlo per un altro scomodo, e oltretutto è una perdita di tempo”.

     Al che il Creatore replicò: “Capisco, ma ti rendi conto che è proprio il lasciare un guscio che ti permette di andare a crescere dentro un altro?”. 

    “Ma io mi piaccio così come sono!” disse l’aragosta. 

    “Hai proprio deciso così?” chiese il Creatore. 

    “Certo” rispose l’aragosta.

     “Molto bene”, sorrise il Creatore, “d’ora in poi il tuo guscio non cambierà e tu continuerai a essere così come sei ora”.

     “Molto gentile da parte Tua” disse l’aragosta e se ne andò.

    L’aragosta era molto contenta di poter continuare a indossare lo stesso vecchio guscio ma giorno dopo giorno quel che prima era una leggera e  confortevole protezione cominciò a diventare ingombrante e scomodo. 

    Alla fine arrivò al punto di non riuscire neanche più a respirare dentro il vecchio guscio. Allora, con un grande sforzo, tornò dal Creatore. “Con tutto il rispetto”, sospirò l’aragosta, “contrariamente a quello che mi avevi promesso, il mio guscio non è rimasto lo stesso. Continua a restringersi sempre di più”.

     “No di certo”, disse il Creatore, “il tuo guscio potrà essere diventato più duro col passare del tempo ma è rimasto della stessa misura. Tu sei cambiato dentro, all’interno del guscio”.

     Il Creatore continuò: “Vedi, tutto cambia continuamente. Nessuno resta lo stesso. È così che ho creato le cose. La possibilità più interessante che tu hai è quella di poter lasciare il tuo vecchio guscio , quando cresci”. 

    “Ah…capisco!” disse l’aragosta, “ma devi ammettere che ciò è abbastanza scomodo”.

     “Sì”, rispose il Creatore, “ma ricorda…ogni crescita porta con sé la possibilità di un disagio…insieme alla grande gioia nello scoprire nuovi aspetti di se stesso. Ma non si può avere l’una senza l’altra”. 

    “Tutto ciò è molto saggio” disse l’aragosta. 

    “Se permetti, ti dirò ancora qualcosa”, disse il Creatore.

     “Ogni volta che lascerai il tuo vecchio guscio e sceglierai di crescere, coltiverai una forza nuova dentro di te. E in questa forza troverai una nuova capacità di amare te stessa e di amare coloro che ti sono accanto, di amare la vita stessa. È questo il mio progetto per ognuno di voi”.

    La storia dell’aragosta ci insegna che non può esserci il Coraggio senza aver prima sperimentato la Paura.

    Lo stimolo che spinge l’aragosta a crescere nasce da una sensazione di disagio, scomodità.

    Quante volte durante le nostre giornate cerchiamo di mettere a tacere una sensazione spiacevole di stress, disagio, rabbia, paura, dolore?

    Quante volte hai cercato attraverso vie di fuga di liberarti da queste sensazioni?

    Eppure se l’aragosta facesse come spesso facciamo noi non crescerebbe mai. 

    Quando arriva il suo momento, l’aragosta si allontana da chi può farle del male, si nasconde sotto un sasso, toglie il vecchio guscio costruendone uno nuovo, più adatto al momento della vita che sta vivendo. E tutto questo si ripete più volte durante l’arco della sua vita. Anzi, pare che proprio questo cambiamento rappresenti il segreto della sua longevità.

    Cosa ci insegna questa storia?

    Sono proprio i momenti di fatica, stress e difficoltà a favorire la nostra crescita.

    Niente più del Dolore ci permette di crescere e cambiare.

    Se solo imparassimo, invece di resistere, ad accettarlo e assecondarlo, potremmo scoprire risorse presenti in noi che mai pensavamo di avere. 

    Non aver paura! 

    Quando la paura si trasforma in Coraggio si realizzano i Sogni più grandi!

    Grazie all’aragosta per questo prezioso insegnamento 😊

  • La magia della Libroterapia

    Da sempre i libri rappresentano un nutrimento per la mente e il cuore delle persone. Le storie che leggiamo forniscono risposte a domande, stimoli di confronto e riflessione.

    Agli inizi del ‘900 Marcel Proust scriveva:

    “Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto uno strumento ottico offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”

    Cos’è la Libroterapia?

    La Libroterapia è uno strumento che utilizza la lettura per comprendere e conoscere meglio se stessi.

    Siamo fatti di storie.

    Ogni volta che leggiamo un libro abbiamo l’opportunità di raccontarci e confrontarci con situazioni che non ci sono ancora accadute, che potrebbero accaderci o che non accadranno mai. In ogni caso, la riflessione porta sempre un arricchimento e una scoperta di noi stessi.

    Le storie che leggiamo ci offrono spunti, elementi, sia per scrivere la storia della nostra vita, sia per diventare più capaci ed esperti nel viverla.  

    I libri sono un grande dono: possono far crescere gli strumenti e le risorse per affrontare momenti particolari, aumentare il benessere e migliorare la qualità della nostra vita.

    La magia della Libroterapia

    Quando ci confrontiamo con materiale narrativo che non appartiene alla nostra storia e al nostro vissuto, siamo capaci di farlo diventare nostro, elaborandolo.

    Questo avviene ogni volta che leggiamo. Quel materiale interiorizzato diventa una sorta di esperienza che arricchisce la nostra vita offrendoci prospettive nuove attraverso cui osservare quanto ci accade. Attraverso la Libroterapia portiamo alla nostra coscienza un processo che naturalmente già accade perché essa insegna alle persone ad imparare a leggere se stesse mentre leggono il libro.

    “Leggere storie è il migliore allenamento per creare storie, specialmente quella storia fondamentale che è la vita del lettore” J. Gold

    Pensare e sentire

    Un altro effetto che opera la Libroterapia è quello di sviluppare due canali di lettura: uno che utilizza il pensiero e un altro che sviluppa la capacità di sentire ed emozionarsi.

    I libri infatti ci invitano a conoscere la realtà non solo con la mente ma anche attraverso il cuore.

    La capacità di sentire ed emozionarsi può essere per qualcuno la più faticosa da sviluppare. Eppure le grandi intuizioni arrivano dopo aver “sentito.” Per questo la Libroterapia diventa uno strumento delicato e prezioso per la nostra crescita personale.

  • Diventare grandi, l’Inside out in ciascuno di noi

    Il grande successo riscosso dal film Inside Out 2 riflette un grande bisogno del nostro tempo, quello di rispecchiarsi in una storia che ci permette di conoscere e riconoscerci in ciò che di più prezioso abbiamo: il nostro mondo interno!

    Un film apprezzato da piccoli e grandi perché quando si parla di emozioni ci sentiamo tutti chiamati all’appello.

    Anche nella seconda puntata si evidenzia l’unicità e la preziosità di ogni emozione, ciascuna con un ruolo fondamentale, funzionale e adattivo per il nostro benessere.

    Il primo insegnamento del film riguarda quindi il valore delle emozioni.

    Non esistono emozioni positive o negative ma tutte hanno un valore!

    Al massimo possiamo parlare di emozioni piacevoli o spiacevoli ma tutte giocano un ruolo fondamentale sul nostro equilibrio psico-fisico. 

    Ecco come le emozioni primarie Gioia, Rabbia Tristezza, Paura e Disgusto, protagoniste del primo film, si arricchiscono, accogliendo l’ingresso naturale di nuove emozioni. Ad entrare in scena sono le amiche Ansia, Noia, Invidia e Imbarazzo.

    Le chiamiamo emozioni amiche perché ciascuna ha una funzione protettiva nei nostri confronti. L’ansia per esempio ci aiuta a focalizzare l’attenzione sulle cose importanti, ci permette di attivare le risorse più adatte per raggiungere il risultato migliore. La noia invece ci aiuta a rallentare ed entrare in contatto con i nostri bisogni, affinché possiamo prendercene cura e ricaricare le nostre energie. Ogni emozione quindi ci aiuta a vivere bene, a dare il meglio di noi! Questo è il primo grande insegnamento del film.

    Il tema del cambiamento attraversa come un filo d’oro la storia della protagonista.

    Cambiamento inteso come crescita fisica ed emotiva. La pubertà rappresenta una fase evolutiva rivoluzionaria dove tutto ha senso e trova uno scopo all’interno del Viaggio meraviglioso chiamato Vita.

    La storia veicola un messaggio importante anche per i genitori che si trovano a dover fare i conti con una nuova fase della vita dei figli, la cosiddetta Adolescenza!

    E’ necessario modificare la propria prospettiva attraverso cui relazionarsi ed educare. Non sono i figli a doversi adattare ma i genitori a sviluppare nuove competenze e maggior flessibilità. Sono le capacità metacognitive che i genitori mettono in campo ad aiutare i figli a monitorarsi e autoregolarsi davanti l’impeto adolescenziale. Che straordinario impegno emotivo da parte dei genitori in questa fase!

    Infine troviamo il grande tema delle convinzioni che influenzano, condizionano, accompagnano e ci sostengono nelle scelte della vita.

    Siamo fatti di convinzioni su noi stessi, gli altri e il mondo. Sono proprio tali convinzioni a determinare la qualità delle nostre decisioni, il modo con cui affrontiamo gli ostacoli che incontriamo, la possibilità che ci diamo di cambiare ciò che non è per noi un bene e di realizzare i nostri sogni!

    Il film ci mostra come le esperienze del passato contribuiscono alla costruzione delle nostre convinzioni. Come tante fotografie, i vissuti del passato compongono la nostra storia, dando struttura alla nostra identità e valore alla nostra vita.

  • Donare a Natale. Il vero significato dello scambio dei doni.

    Mancano pochi giorni a Natale e come ogni anno è “corsa ai regali”. Davanti la frenesia e l’agitazione che questa corsa comporta si rischia di perdere di vista il vero senso del Donare.

    Ma qual’ è il vero significato dello scambio dei doni?

    Il dono etimologicamente rimanda a qualcosa che viene offerto, donato, segno di stima, rispetto e affetto per la persona che lo riceve. Lontano dalla dimensione dell’obbligo, il dono non è legato ad aspettative o condizioni, nasce gratuito perché chi lo fa ha il piacere di farlo.

    Sin dall’antichità il dono era considerato un simbolo di legame sociale. Nell’antica Grecia il reciproco scambio di doni assicurava il rispetto, la pace tra famiglie per lunghe generazioni, comportando obblighi di ospitalità e impedendo ai componenti di quelle famiglie di scontrarsi in campo di battaglia.

    Il Natale è l’occasione per ricordarci dei legami importanti, per noi significativi, ed esserne grati attraverso un piccolo pensiero. Ogni dono allora è conseguenza del legame tra chi quel dono fa e chi lo riceve, diventando lo specchio del tipo di relazione che intercorre tra le persone.  

    Non può esserci Dono senza Relazione.

    Già. E ogni dono senza relazione non è più dono nel senso più vero del termine.

    Ogni pensiero che farai a Natale risentirà del significato che per te ha quella relazione.

    Ogni dono porterà le emozioni, l’affetto, la stima che nutri verso quella persona e questo accade a prescindere dalla spesa che il tuo dono comporterà perché a fare la differenza saranno la tua cura e la tua attenzione.

    Ecco allora il vero segreto del donare: fare spazio dentro di te per dar valore al bisogno che l’altro, in questo momento, porta con sé.

    È la Relazione a definire la qualità del tuo Dono.

    Per poter donare così sono però indispensabili due fondamentali capacità: mentalizzazione ed empatia. Queste permettono di farci alcune domande sull’altro durante la scelta del dono giusto da fare:

    Cosa gli occorrerà? Cosa sta vivendo in questo momento nella sua vita? Cosa lo farà veramente felice?

    Domande che spingono a metterci nei panni dell’altro e sviluppare la nostra capacità di immedesimazione. Solo se sarai capace di fare questo allora il dono che sceglierai sarà quello giusto.

    Un’altra attenzione che può rendere speciale il tuo dono è aggiungere qualcosa di personale, unico, che renda il regalo pensato appositamente per quella persona (ad esempio un biglietto, una frase ecc.) insomma un piccolo dettaglio che faccia riferimento alla vita dell’altro o alla vostra amicizia. Questo fa si che non importa quale regalo tu abbia fatto ma ciò che diventa prezioso è il fatto che sia stato curato, pensato, proprio per lui/lei.

    Ricorda che il dono che fai è un modo per dire all’altro:

    “Ti vedo. Tu esisti per me e per questo te ne sono grato!”

    Per questo Natale ti auguro di poter sperimentare Relazioni dove la reciprocità diventa il vero Dono, quello più prezioso e significativo del tuo Natale.

    Tanti auguri!

    Rosy

  • Il bagaglio della competenza emotiva

    Parlare di competenza emotiva significa entrare in punta di piedi nella relazione che ogni persona ha con il proprio mondo interno, con le proprie emozioni. Infatti con competenza emotiva ci riferiamo alla capacità di sapersi connettere profondamente con se stessi e con gli altri.

    Tra gli autori che hanno analizzato e definito il costrutto della competenza emotiva trova un posto di rilievo la psicologa americana Carolyn Saarni. Secondo l’autrice l’individuo emotivamente competente è colui che in maniera consapevole, utilizza le proprie abilità emotive in contesti specifici, per il raggiungimento dei risultati relazionali e sociali desiderati. Il concetto di competenza emotiva, secondo Carolyn Saarni, “comprende quell’insieme di capacità che consentono di riconoscere, comprendere, rispondere coerentemente alle emozioni altrui e di regolare l’espressione delle proprie”.

    Immagina la competenza emotiva come un bagaglio contenente oggetti necessari e indispensabili per vivere felicemente.

    Quali preziosi oggetti troveremo al suo interno?

    Carolyn Saarni ha individuato otto abilità che costituiscono la competenza emotiva e che ogni bambino acquisisce durante la crescita.

    Le otto abilità da lei individuate sono:

    1. Essere consapevoli delle proprie emozioni

    Essere consapevoli significa essere coscienti ovvero saper riconoscere le emozioni che ci attraversano in ogni momento.  La consapevolezza rappresenta la competenza base da cui poi potranno svilupparsi tutte le altre abilità. Saper riconoscere le proprie emozioni significa attribuire un significato agli eventi della propria vita.

    2. Distinguere e comprendere le emozioni degli altri

    Partendo dalla consapevolezza delle proprie emozioni si può imparare a comprendere gli stati emotivi degli altri; attraverso l’empatia, è possibile sintonizzarsi e comprendere le cause delle emozioni vissute da chi si ha di fronte e le sue reazioni comportamentali. La comprensione del mondo emotivo dell’altro è indispensabile per costruire relazioni stabili e durature nel tempo. 

    3. Utilizzare il vocabolario emotivo

    Si tratta della capacità di adoperare parole ed espressioni verbali che esprimono esattamente il vissuto emotivo così da riuscire a comunicare le proprie esperienze emozionali agli altri. Il linguaggio emotivo fornisce gli strumenti per un’efficace rappresentazione delle esperienze personali e contemporaneamente dà forma alle relazioni sociali. Questa abilità permette di consapevolizzare i propri vissuti emotivi, soprattutto rispetto a quelle emozioni atipiche che hanno bisogno di un’elaborazione più complessa.

    4. Essere capaci di coinvolgimento empatico e simpatico alle esperienze emotive altrui

    Senza l’empatia (sentire con gli altri) e la simpatia (sentire per gli altri) perdono di significato tutte le altre abilità della competenza emotiva. Tali capacità sono sicuramente determinate dall’intreccio di diversi fattori come l’esperienza sociale, le pratiche educative e la costruzione delle strutture cognitive. L’empatia e la simpatia sono le risposte emotive che permettono di mettersi in relazione con gli altri e quindi rappresentano un’abilità preziosa del bagaglio emotivo.

    5. Differenziare le esperienze emozionali soggettive interne dall’espressione emozionale esterna

    Si tratta della capacità di comprendere che uno stato emotivo interno non necessariamente corrisponde ad una sua espressione osservabile esterna. Ad esempio posso essere triste e scegliere di non manifestarlo all’esterno. Questa abilità permette di separare la nostra esperienza emozionale soggettiva dal comportamento espressivo osservabile; in tal modo è possibile raggiungere gli obiettivi interpersonali ed emozionali in maniera più funzionale.

    6. Far fronte alle emozioni a valenza negativa e alle circostanze stressanti

    Attraverso questa capacità è possibile imparare ad utilizzare strategie di autoregolazione che intervengono a migliorare l’intensità e la durata temporale degli stati emotivi a valenza negativa. La self regulation o autoregolazione emotiva è fondamentale per far fronte e gestire in maniera efficace ogni evento stressante della vita.

    7. Essere consapevoli del ruolo della comunicazione emotiva nelle relazioni

     La struttura e la natura di ogni relazione è in parte definita dalla qualità della comunicazione emotiva. Quest’abilità integra tutte le altre componenti della competenza emotiva con la consapevolezza che l’individuo, sin da quando è bambino, utilizza l’esperienza emotiva per diversificare le proprie relazioni con gli altri.

    8. Essere capaci di auto-efficacia emotiva

     Con questa abilità l’individuo si sente capace di provare ciò che vuole provare ovvero può imparare ad orientare le emozioni verso un obiettivo importante. Così se la consapevolezza porta a sentirsi capaci ed efficaci emotivamente, l’auto-efficacia emotiva aiuta a generare successo e realizzazione.

    Ecco le otto abilità della competenza emotiva! Ecco gli importanti oggetti che dovrebbero essere custoditi nel bagaglio di ogni essere umano.

    Un bagaglio prezioso per vivere una Vita pienamente felice.

  • Perché in Estate aumenta l’ansia? Summer Blues: cos’è e come affrontarlo

    woman standing on wheat field throwing brown sun hat on the air under white and blue skies

    C’è chi attende con trepidazione ed entusiasmo il tempo delle vacanze. C’è anche chi, al contrario, vive questo periodo con ansia e agitazione, guardando il calendario e facendo il conto alla rovescia nell’attesa del giorno in cui tornerà finalmente alla propria routine lavorativa.
    L’idea che l’estate debba essere un tempo di spensieratezza e gioia e che le vacanze debbano rappresentare il tempo più bello dell’anno si scontra con la realtà di chi a fatica è alla ricerca di stimoli per stare meglio.

    L’Estate è da sempre associata a stereotipi di leggerezza e spensieratezza ed è un tempo che presenta a ciascuno richieste e pressioni sociali. È facile mettere a confronto la propria vita con quella degli altri (soprattutto con quelle mostrate sui social!) generando così sentimenti di sconforto e insoddisfazione.

    Si chiama Summer Blues ed è quella tristezza estiva che tutti possiamo provare. È diversa dai disturbi dell’umore ed è legata al periodo estivo.
    I segnali tipici del Summer Blues possono essere diversi: dalla tristezza alla malinconia, dall’agitazione all’irritabilità, dal senso di vuoto all’inadeguatezza.
    Certo è che se impariamo a riconoscerli possiamo affrontare con più risorse e senza timore questo tempo.

    Cosa accade?

    Il tempo non strutturato tipico dell’estate ci porta in contatto con quelle parti di noi che durante gli altri mesi dell’anno sono andate “in letargo.” Quelle parti ci ricordano che esistono bisogni che in qualche modo teniamo a bada, magari andando a lavoro o conducendo una vita piena di cose. Arriva poi il tempo delle vacanze e l’invito forzato a fermarsi e trovarsi all’improvviso un tempo vuoto ci porta inevitabilmente ad avvertire ciò che manca.

    Il Summer Blues è ad esempio una condizione di tristezza spesso vissuta da chi è single: l’estate può rappresentare un periodo difficile in cui  aumenta il senso di solitudine legato al fatto di essere soli, non avere qualcuno con cui organizzare le vacanze e condividere questo tempo di spensieratezza.

    Ma l’estate è anche un momento in cui ci si trova a trascorrere più tempo in coppia o con la propria famiglia. E la convivenza sappiamo quanto possa non essere sempre facile, per cui le aspettative di viversi una vacanza da sogno potrebbero scontrarsi con una realtà diversa, fatta di malessere e incomprensioni. Anche in questo caso, conflitti latenti, incomprensioni non risolte e nascoste sotto il tappeto, possono esplodere proprio in questo tempo e presentare il conto generando sentimenti di ansia e malessere.

    Quale può essere il passo più importante?

    Riconoscere e dare valore a quanto accade è il primo passo. Quella tristezza racconta qualcosa di noi, ci dice che abbiamo dei bisogni e che siamo vivi! Per quanto siamo stati bravi a far finta di nulla quei bisogni sono importanti e vogliono mostrarsi, sono lì dietro la porta ed attendono solo noi.
    Aprire quella porta, scoprire cosa c’è da accogliere e di cosa possiamo prenderci cura può fare tutta la differenza.



    Cosa puoi fare per affrontare questo tempo particolare?

    • Non aver paura ma accogli! Sii consapevole dei tuoi bisogni. Cosa ti manca? Cosa vorresti di diverso?
    • Mantieni una routine che ti aiuti a strutturare il tempo come piace a te.
    • Scegli ogni giorno cosa farai per te stesso.
    • Pratica sport: ti aiuterà a scaricare il cortisolo che contribuisce a questo stato di malessere e ad aumentare la produzione di endorfine.
    • Privilegia attività a contatto con la natura: essa è da sempre fonte di benefici per la tua salute mentale.
    • Circondati di positività.
    • Lanciati in qualcosa di nuovo: le opportunità arrivano a chi sa osare!
    • Sii coraggioso! Prenderti cura di te stesso è l’atto più coraggioso che puoi fare in questo tempo.


    È facile per il marinaio navigare quando il mare è calmo. Ma difficile farlo quando il mare è agitato, è lì che il marinaio mostra quelle risorse e quel coraggio che lo distinguono e che lo porteranno a superare quel momento!

  • Tempo di vacanze: tre domande che ti aiutano a rallentare

    L’Estate ci apre ad un tempo di riposo, recupero e ricarica. Può accadere però che quando arriva il momento di fermarsi si sperimenti un senso di disagio, disorientamento. Svuotare il proprio tempo da impegni e doveri che hanno riempito le giornate e andare incontro ad un tempo meno strutturato, tipico delle vacanze, può farci sperimentare un senso di incapacità e frustrazione. Trovarsi all’improvviso davanti un “tempo vuoto” può disorientare come se quel “non fare” ci facesse sperimentare un “non essere.”

    Se siamo bravi a sostare in questo momento di incertezza la vacanza può diventare un’opportunità per una profonda connessione con la nostra identità, per lasciare andare ciò che non è essenziale e ricentrarci su ciò che per noi è importante. 

    Ecco allora tre domande che vogliono aiutarti a rallentare per nutrire questa connessione e scoprire la bellezza e il significato del tempo dedicato a te stesso.

    1. Cosa mi sta comunicando il corpo?

    Per rispondere a questa domanda è essenziale che tu ti metta in ascolto. Puoi farlo chiudendo per un momento gli occhi e facendo un lungo respiro. Poi ancora un altro respiro e un altro ancora.

    Come stai? 

    Cosa ti dicono le varie parti del tuo corpo? 

    Come sta la tua schiena, come stanno le tue gambe, la tua pancia? 

    Dove avverti tensione? 

    Concentrarti sul tuo corpo significa spostare l’attenzione su di te, sui tuoi bisogni, sulle pressioni che il corpo continuamente subisce e che noi distrattamente non avvertiamo. Il corpo comunica molto più di quello che immagini. Se impariamo ad ascoltarlo potremmo certamente scoprire cose nuove e importanti su noi stessi. 

    2. Quali sono i bisogni a cui darò priorità in queste settimane?

    Questa domanda ti invita ad una riflessione su quelli che sono in questo momento i tuoi bisogni e, di conseguenza, su quelle azioni e scelte che in questo tempo reputi importanti per il tuo benessere.

    Ci saranno cose da lasciar andare, altre da silenziare, per dedicarti ad attività individuali o sociali diverse dal solito. Prova a fare una lista di quei bisogni a cui vuoi dare importanza in questo tempo! Ti aiuterà a stabilire la direzione, le priorità, ciò che è per te essenziale!

    3. Cosa farò oggi per nutrire la relazione con me stesso? 

    Torniamo alla questione di ciò che è essenziale. Se stabilisco quali sono le priorità sarà più facile ritagliare un tempo per nutrire il mio benessere.

    Decidere quale sarà l’azione e dare importanza e significato ad essa ci aiuta a sfruttarne interiormente tutte le possibilità per aprirci a nuove consapevolezze. Questo diventa un patto con noi stessi dove nessun altro è coinvolto, dove non abbiamo la necessità di dover chiedere alcun permesso ad altri se non a noi stessi. Anche qui ti invito ad appuntarti per iscritto le idee che fioriscono dentro di te e che possono aiutarti in questa direzione! Occhio che non diventi però un’altra to do list da spuntare la sera!

    Spero davvero che queste domande ti aiutino a rallentare per permetterti di entrare in un tempo parallelo dove i tuoi bisogni vengano autenticamente nutriti.

    È in questo nutrimento che risiede tutta l’opportunità di rigenerarti e tornare nuovamente a fiorire!

  • Le cinque fasi dell’Amore di Jed Diamond

    Dell’Amore non si finisce mai di parlare e scrivere. Sono tanti gli autori che hanno affrontato l’argomento da molteplici punti di vista. La vita di coppia ha da sempre affascinato l’Uomo che ha cercato di comprenderne le dinamiche e le caratteristiche con il desiderio di scoprirne strategie e segreti.

    Tra gli autori che hanno analizzato la vita di coppia da un punto di vista psicologico ed evolutivo spicca lo scrittore e psicoterapeuta contemporaneo Jed Diamond il quale ha individuato cinque fasi che caratterizzerebbero ogni storia d’Amore, dal suo nascere al suo consolidamento.

    Prima fase dell’Amore: Innamoramento.

    La prima delle cinque fasi è indubbiamente l’Innamoramento, caratterizzata dall’entusiasmo e dalla scoperta reciproca. L’altro è completamente idealizzato e l’Amore diventa completa fusione; la realtà è temporaneamente sospesa per lasciare il posto all’incanto, alla bellezza che ciascun partner porta nella propria vita.  In questa fase l’altro risponde pienamente alle nostre aspettative, appaga totalmente i nostri bisogni più profondi.

    Seconda fase dell’Amore: Diventare una coppia.

    Questa seconda fase accompagna e completa la fase dell’Innamoramento. All’interno della coppia si comincia a definire la propria individualità. La relazione inizia a stabilizzarsi, è il momento in cui i due partner si esplicitano a vicenda cosa significhi per loro stare insieme; si condividono progetti e sogni comuni, si fanno programmi a lungo termine. Si inizia a camminare insieme.

    Terza fase: Disillusione.

    Nella terza fase, definita da Diamond Disillusione, l’incanto dell’innamoramento cede il posto alla realtà: l’altro è visto per quello che è realmente. I pregi lasciano prepotentemente spazio ai limiti che caratterizzano ogni essere umano. Questa fase è vissuta spesso in solitudine davanti ad un partner che si scopre non rispecchiare le attese che hanno accompagnato la prima fase. Può essere vissuto come un momento davvero doloroso quello di dover fare i conti con la realtà. Questo tempo è spesso caratterizzato da una lotta reciproca per la conquista della libertà, da uno scontro rispetto a ruoli e progetti personali che non trovano armonia con quelli espressi e voluti dall’altro.

    Quarta fase: Creazione dell’Amore maturo.

    Superata la fase della Disillusione, secondo Diamond, arriva il momento della scelta profonda dell’Amore. Infatti al termine della fase di lotta ci si trova davanti ad un bivio: prendere strade diverse o diventare Alleati. L’Amore mette le sue radici diventando reale e lasciando spazio alla consapevolezza di avere accanto una persona che si conosce profondamente nella sua totalità di essere umano. L’accoglienza verso ciò che l’altro è, con le sue bellezze e le sue miserie, rappresenta l’inizio dell’amore maturo. Il legame diventa scelta profonda, stabilità, interdipendenza.

    Quinta fase: Generatrice.

    Solo quando la coppia ha sperimentato l’amore maturo della quarta fase allora non è più ripiegata su se stessa ma si rivolge al mondo perché proprio nel mondo vuole lasciare un segno concreto del suo Amore. In questa ultima fase Diamond fa riferimento all’apertura e all’impatto che l’Amore di ogni coppia può avere nel contesto in cui vive. Questo può avvenire non solo con la nascita di un figlio ma anche attraverso la possibilità di incidere nel sociale.

    Rispetto alle cinque fasi descritte, Diamond sottolinea come la terza fase, la Disillusione, sia quella davvero decisiva: il momento che per molti rappresenta la fine dell’Amore, in realtà, è solo l’inizio di un modo nuovo di “Essere insieme.”

    In chiave evolutiva diventa allora fondamentale quel tempo conosciuto come CRISI che rappresenta l’opportunità di trasformazione ed evoluzione della vita di coppia.

    La Crisi diventa allora un passaggio naturale, obbligatorio, seppur doloroso, di un “viaggio a due” dove la vita non smette mai di sorprendere e l’Amore si arricchisce di luoghi mai visti da scoprire e visitare.

  • Mindful Eating – Alimentazione consapevole


    Si chiama Mindful Eating ovvero alimentazione consapevole. È quella capacità di portare piena attenzione e consapevolezza all’esperienza alimentare e al cibo che mangiamo. Con capacità si intende l’insieme di comportamenti e atteggiamenti che mettiamo in atto nella relazione con il cibo e che, come altre abilità, può essere sviluppata e allenata.


    La Mindful Eating non indica cosa è giusto o sbagliato mangiare piuttosto ci invita a considerare il modo con cui lo facciamo, il COME ci accostiamo al cibo.

    La Mindful Eating ha il potente effetto di alleggerire il nostro rapporto con il cibo dal peso delle emozioni che spesso dirigono i nostri comportamenti alimentari.

    In che modo?

    Attraverso l’attivazione di un’importante risorsa: la Consapevolezza.

    Diventare consapevole di quanto ti accade, delle emozioni che ti attraversano, è il primo passo verso ogni cambiamento, a partire dal rapporto con il cibo.

    La Mindful Eating ti invita quindi a mangiare consapevolmente.

    La consapevolezza è quell’attenzione e presenza che puoi portare in tutto ciò che fai. E’ quell’esserci, con tutto te stesso, nel momento presente.

    Thich Nhat Hanh scrive:

    “Quando riusciamo a rallentare e goderci davvero il cibo che mangiamo, la nostra vita assume una qualità molto più profonda”

    La Mindful Eating allora ci invita a rallentare. In un’epoca in cui la fretta e la corsa sono sinonimi di efficienza e benessere essa ci sprona ad una inversione di marcia, riportandoci alla lentezza e alla calma nel fare le cose.

    Rallentare per dare la giusta importanza al pasto che prepariamo per noi stessi e per gli altri. Rallentare per prenderci il tempo di sedere a tavola e vivere bene l’esperienza del cibo, perché ogni volta il cibo stesso può essere un nutrimento non solo per il corpo ma anche per la nostra mente.

    Ogni pasto può diventare un occasione per ritrovarci con noi stessi, un momento di intimità e connessione con ciò che siamo.

    La Mindful Eating allora ci insegna l’arte della pazienza perché in questo stare soli con noi stessi risiede il segreto della vera felicità.